venerdì 21 maggio 2010

Il giuramento Scout alla 'ndrangheta (quando la realtà supera la fantasia)

Neanche Mario Puzo, nel celebre romanzo "Il Padrino" avrebbe mai potuto concepire questo..

A quanto pare, a Rosarno anche Akela è mafioso: il gruppo agesci del Paese è stato sciolto dopo che uno dei capi è stato arrestato per associazione a delinquere. Fantastica la dichiarazione del parroco del Paese, per come riportata da Strill:

http://www.strill.it/index.php?option=com_content&view=article&id=69168%3Arosarno-gruppo-scout-sciolto-per-infiltrazioni-mafiose-le-famiglie-e-il-parroco-si-ribellano&catid=1%3Aultime&Itemid=217

''Questi ragazzi -insiste- sono stati costretti a dare le dimissioni, e con spirito di obbedienza 'cristiana', e lo dico tra virgolette, hanno accettato questa croce piangendo''. (All'anima dello spirito cristiano!)

Mi chiedo ancora cosa debba succedere prima che a Rosarno arrivi l'esercito (magari con caschi blu dell'ONU al seguito).

domenica 28 marzo 2010

I servi sciocchi calabresi

Riporto come già fatto da altri blogs, il testo di un interessante comunicato stampa del sindacato indipendente di polizia Coisp.

Il Coisp, lamentandosi delle dichiarazioni vergognose rese dai gregari del Silvio nazionale che hanno dato al questore di Roma dell'alcolizzato, tenta di riportare l'attenzione sull'importanza di tutelare l'onorabilità delle forze dell'ordine e della magistratura, in particolare se sul palco di una  manifestazione politica sono presenti i candidati Presidenti di regioni come la Calabria, nella quale la criminalità spadroneggia. 


Comunicato del COISP
 
Alla cortese attenzione delle testate giornalistiche e degli organi di stampa
COMUNICATO STAMPA DEL 21 MARZO 2010

Oggetto:
Il Pdl attacca la Questura di Roma sui numeri della manifestazione di ieri.
Maccari (COISP): “Questo Governo è una farsa senza precedenti… non perde tempo per pugnalare la Polizia alle spalle, si vergogni!


Un Governo che sfila contro un altro potere dello Stato (visto che ieri a Roma abbiamo sentito solo slogan contro la Magistratura che è un potere dello Stato) e che smentisce i propri organismi (visto che stamattina gli organizzatori della manifestazione di Roma contestano i dati della Questura che, se qualcuno se lo fosse dimenticato, è composta da uomini della Polizia che si chiama di Stato…). Questo è il paradosso kafkiano, il festival dell'assurdo che sta vivendo in questo momento l'Italia, probabilmente senza neanche accorgersi della gravità di quanto accade. Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp – il Sindacato Indipendente di Polizia - attacca duramente le osservazioni dei rappresentanti del Governo e lo stesso Premier che “nel tentativo di accreditare un altro suo fallimento - dice Franco Maccari - fa pronunciare ai suoi uomini parole dai contenuti pericolosissimi. Cosa spera di ottenere se Gasparri parla di un Questore in coma etilico e Cicchitto definisce la Polizia deviata? Glielo diciamo noi cosa otterrà - dice ancora Maccari - un violento scontro sociale senza precedenti in cui i mandanti, questa volta in maniera palese, (in altri tempi lo furono in maniera oscura), saranno proprio i rappresentanti del Governo che dovrebbero tutelare la società e non darla in pasto ai beceri istinti di chi, nel nome di un'impunità che sente arrivare dall'alto, si sentirà autorizzato a sbeffeggiare il lavoro di tutti quei Poliziotti impegnati nella tutela della sicurezza e della legalità”.
“Caro Presidente Berlusconi - dice ancora il Segretario Generale del Coisp - ci giunge voce, e non è solo una voce, che il suo coordinatore nazionale abbia inviato una lettera ai delegati abruzzesi per "intimargli" di raggiungere il numero di cinquanta pullman per Roma. Sa cosa significa questo politicamente? Significa che quella piazza la volevano in pochi, significa caro Presidente, che i primi a mettere in pericolo la gestione dell'ordine pubblico sono stati i suoi uomini intimando alla gente di partecipare. Questo Governo è la farsa di se stessoconclude il leader del Sindacato Indipendente di Polizia - non una parola da quel palco è stata pronunciata in favore delle Forze dell'Ordine, non un provvedimento è stato annunciato sulla sicurezza nelle città. Eppure c'erano candidati alle presidenze di regioni “ad alto rischio” come la Calabria, che hanno fatto la parte dei servi sciocchi, cantando la canzone che il padrone aveva ordinato loro di cantare. Presidente il vero coma etilico è quello in cui Lei tenta di mandare questo Paese ubriacandolo di un vino di ultima scelta”.

Con gentile richiesta di pubblicazione e consueta attenzione giornalistica.

Ufficio Stampa Co.I.S.P. Nazionale - Responsabile Politico: Giuseppe Brugnano 331-3702908 Collaboratori: Antonio Capria, Olga Iembo, Giulia Zampina, Piero Affatigato, Luigi De Prizio
Da QUI
 (o facendo download QUI)

venerdì 19 marzo 2010

Elezioni regionali 2010: gli amici della 'ndrangheta nelle liste

Riporto, con grande scoramento e massimo avvilimento, uno stralcio di un articolo di "Repubblica" di oggi, a firma di Giuliano Foschini e Conchita Sannino, specificando quanto segue:

Per tutti i cittadini vige la presunzione di innocenza, almeno finchè e se non si venga condannati con sentenza passata in giudicato...

..E' anche vero però che, se la saggezza popolare del "dimmi con chi vai, ti dirò chi sei" vale ancora qualcosa, allora....

CALABRESI, REGGINI CHE VI RECATE PRESTO A VOTARE, MEDITATE, MEDITATE PRIMA DI METTERE LA SCHEDA DENTRO L'URNA!!!! (E SOPRATTUTTO DOPO NON LAMENTATEVI, PERCHE' SIETE STATI AVVERTITI!)


"La profezia di Seminara (tratto da repubblica.it http://www.repubblica.it/politica/2010/03/19/news/mafia_regionali-2753846/ )

In Calabria con 15 mila euro si compra il voto di un'intera cittadina. Cassano Jonico nello specifico. In pratica si acquista un seggio. Lo ha fatto nel 2005 Franco La Rupa, ex consigliere regionale dell'Udeur. "Fu lui - scrivono i pm di Reggio - a stringere attraverso l'intermediazione di Luigi Garofalo un accordo con Antonio Forastefano, boss della 'ndrangheta, in forza del quale si impegnava a corrispondere denaro in cambio di voti". Quindicimila euro, appunto. La Rupa ora non ci riprova. Non lui direttamente, per lo meno. In lizza con la lista Noi Sud, che appoggia il candidato presidente del Pdl, Giuseppe Scoppelliti, c'è suo figlio Antonio. "Vergogna", ha gridato in commissione Antimafia Angela Napoli, deputata del Pdl che contro "queste candidature in odore di 'ndrangheta" ha annunciato che alle prossime elezioni non andrà a votare. In Calabria, secondo i dati arrivati all'Antimafia, i candidati a rischio sono 21: 16 sostengono la candidatura di Scopellitti, cinque quella di Loiero. Il procuratore capo di Reggio, Giuseppe Pignatone, spiega: "La 'ndrangheta si muove sempre quando ci sono interessi in ballo, succede nell'economia e anche nella politica, l'esperienza ci dice che ha sempre votato e fatto votare. È quindi ipotizzabile che succeda anche per le prossime elezioni". Ma a favore di chi? Il procuratore non fa nomi. La Napoli sì: il primo è quello di Tommaso Signorelli (Socialisti uniti), anche lui con Scopellitti presidente. Il candidato fu arrestato nel dicembre del 2007 nell'inchiesta della Dda di Catanzaro che portò allo scioglimento, per infiltrazioni mafiose, del Comune di Amantea. Era lui - dice la procura antimafia - "il politico di riferimento del clan" che per tre anni almeno (dal 2004 al 2007) avrebbe favorito i Gentile-Africano nell'acquisizione degli appalti e dei servizi nel porto di Amantea. Capolista dell'Udc (che qui corre con il Pdl) è Pasquale Tripodi, ex assessore regionale Udeur. Di lui parla il pentito Cosimo Virgiglio, e dei suoi rapporti con il boss Rocco Molé, poi fatto fuori dai cugini Piromalli nel febbraio de 2008.

In Calabria ci sono poi quelli che non ci saranno. Domenico Crea, consigliere regionale uscente, è in carcere da due anni per concorso esterno in associazione mafiosa con i clan della Locride. Nel 2009 è stato condannato anche Pasquale Inzitari, astro nascente dell'Udc reggino, consigliere provinciale. I boss si sono vendicati del suo tradimento facendo saltare in aria ad aprile del 2008, con un'autobomba, il cognato Nino Princi. E, due mesi fa, gli hanno ammazzato il figlio Francesco. Nel mirino dei magistrati anche Mariano Battaglia, candidato alle scorse regionali. È stato arrestato per l'operazione Topa, che si occupò delle infiltrazioni mafiose nel comune di Seminara. Seminara è un paesino dell'Aspromonte nel quale i clan sono in grado di controllare i voti uno per uno. Nel fascicolo del pm Roberto Di Palma c'è un'intercettazione nella quale i boss dicono che, alle comunali, la lista da loro sostenuta prenderà 1050 voti. A spoglio terminato i magistrati ne conteranno 1056."

mercoledì 22 luglio 2009

Abolite le fasce di reperibilità per malattia dei dipendenti pubblici



Dopo solo dieci mesi, e dopo una grande campagna che l’aveva portato ad altissimi livelli di gradimento mediatico, il ministro Renato Brunetta ha deciso di chiudere con l’esperimento delle fasce di reperibilità per malattia “allungate” per i dipendenti pubblici.

Era stata salutata come una “rivoluzione” che avrebbe dovuto cambiare da capo a piedi il volto della PA ed eliminare dal comparto pubblico i “dipendenti fannulloni”, spesso, secondo quanto riferito dal ministro , annidati “a sinistra”; era stata seguita da una fitta campagna mediatica, che aveva portato il ministro Brunetta a livelli di gradimento altissimi;

A nulla erano valse le obiezioni dei sindacati, che in molti modi si erano opposti a quanto proposto dal ministro, né avevano potuto nulla le associazioni per la difesa dei malati di cancro, che hanno dovuto aspettare fino ad aprile scorso, prima che il ministro si decidesse a spiegare con una circolare come e quando dovessero essere effettuate le visite fiscali ai malati oncologici, determinando l’indignazione di alcuni di loro e dei sindacati per le sue proposte di telelavoro.

Si era mobilitata addirittura l’AVIS che aveva registrato un calo tra i donatori di sangue-dipendenti pubblici che, secondo quando riportato da Daniela Altimani sul Secolo XIX non si recavano più a donare il sangue per evitare decurtazioni in busta paga.

Nonostante tutto il dl 112 del 2008 era passato, poi convertito nella legge 6 agosto 2008 n°133, portando con sé un carico di inasprimenti nella richiesta di permessi per malattia per i dipendenti pubblici.

Inasprimenti che adesso sono stati – loro piuttosto in sordina- aboliti.

In effetti il testo della legge 6 agosto 2008, n. 133, all’art. 71 stabiliva che l’amministrazione dovesse disporre il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali dovevano essere effettuate le visite mediche di controllo, andavano dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi.

Adesso, a dispetto delle parole di fuoco pronunciate dal ministro, il pugno duro è stato ammorbidito, e le fasce di reperibilità sono ritornate quelle di un tempo, equiparate a quelle dei dipendenti del settore privato: si legge infatti all’art. 17 comma 23 c del dl n°78 del 1 luglio 2009 (meglio noto come decreto anticrisi) che “ al comma 3 dell'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 è soppresso l’ultimo periodo” che, guarda caso, era proprio quello riguardante le fasce orari per le visite fiscali.

Insomma una marcia indietro effettuata abbastanza in sordina, che fa il paio con l’abolizione dell’obbligo, nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni e in ogni caso dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare, della giustificazione da presentare esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica: adesso basterà un certificato del medico curante, esattamente come succedeva fino a dieci mesi fa.

Del resto qualcuno aveva già denunciato nella legge dell’agosto scorso alcune incongruenze tra la mano di ferro per i comuni mortali dell’art. 71 e le disposizioni dell’art. 72 (è proprio vero che la fregatura sta sempre dietro l'angolo) che invece prevedevano per i dipendenti delle amministrazioni centrali (erano esclusi i dipendenti degli enti locali e della scuola) la possibilità dell’esonero dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione della anzianità massima contributiva di 40 anni.

Scriveva a tal proposito Adriano Bonafede su Repubblica nel dicembre scorso:

“[...] mentre da una parte Brunetta chiede alle donne di lavorare di più, arrivando a 65 anni, dall' altra fa un sorprendente regalo a quelli che considera i «fannulloni» statali. Per loro, infatti, dopo tante ramanzine, è in arrivo un premio niente male: li vuole mandare a casa, su loro richiesta, continuando però non soltanto a versare i contributi previdenziali, ma anche a pagargli lo stipendio, anche se in misura ridotta del 50 o del 70 per cento, a seconda dei casi, per ben cinque anni.

E’quanto potrà accadere a partire dal prossimo anno e per i successivi due a quei dipendenti dello Stato centrale che avranno raggiunto almeno 35 anni di contributi.

Non c' è nessun riferimento all' età. E quindi, in teoria, potrà chiedere di restarsene a casa senza far nulla - ma essendo pagato - anche chi, in teoria, fosse entrato nella pubblica amministrazione a 18 anni (oggi ne avrebbe soltanto 53). Da notare che, dopo i cinque anni pagati restando in panciolle lo statale premiato potrebbe andare in pensione avendo maturato il massimo, 40 anni appunto. La norma - prevista nell' articolo 72 del decreto legge 112/2008 e regolamentata da una circolare di Brunetta del 20 ottobre scorso passata quasi inosservata - non si applica a tutti i dipendenti pubblici ma soltanto a quelli delle amministrazioni centrali.

Tutti i dipendenti degli enti locali ne sono esclusi. è però, inspiegabilmente, escluso anche il personale della scuola, pur facendo parte del settore ministeriale. Il decreto legge e la circolare prevedono una notevole dose di discrezionalità nel concedere questo favore. Infatti sarà l' amministrazione a decidere, volta per volta, chi salvare e chi affossare, sulla base delle proprie esigenze funzionali e organizzative. Non è difficile, comunque, prevedere una vera e propria corsa alla raccomandazione, onde evitare di vedersi rifiutata la domanda, che dovrà essere presentata entro il primo marzo di ciascun anno per il 2009, 2010 e 2011.

Lo stipendio verrà pagato al 50 per cento, ma potrà arrivare anche al 70 se l' impiegato mostrerà di svolgere attività di volontariato. Anche qui, non essendoci parametri certi, non è difficile ipotizzare che molti potranno certificare di fare volontariato per qualche ora alla settimana. I regali di Brunetta ai fannulloni non sono però finiti qui. Perché i dipendenti autorizzati a non lavorare più per lo Stato potranno anche effettuare "prestazioni di lavoro autonomo con carattere di occasionalità, continuatività e professionalità". Purché non lo facciano a favore di amministrazioni pubbliche. In altre parole, potranno continuare lavorare come e quanto credono per i privati, con il comodo scudo della "collaborazione esterna".

La ratio di questa norma così favorevole ai dipendenti statali è ufficialmente quella di risparmiare fondi pubblici, con cui il governo potrebbe procedere a nuove assunzioni. Ma il risparmio sembra molto contenuto, e nel frattempo non si tiene conto del fatto che molti uffici perderanno personale”.


In una recente conferenza stampa il ministro ha presentato i risultati di un altro provvedimento anch’esso definito anti fannulloni, la legge 69 del 2009, “che prevede a partire da venerdì 17 luglio, l'obbligo per la Pubblica amministrazione di rendere pubblici i dati relativi alla dirigenza e i tassi di assenza e di presenza del personale. Curricula, stipendi, numeri di telefono e indirizzi email di tutti i 190 mila dirigenti della P.A saranno dunque disponibili online nei prossimi mesi per permettere ai cittadini di sapere chi sono, quanto sono bravi e quanto guadagnano”.

Chissà se, a questo punto, il ministro ci fornirà anche i dati dei “pensionati agevolati” sponsorizzati dal suo ministero…

venerdì 5 giugno 2009

Il diritto di voto degli studenti universitari fuori sede

Potete leggere questo articolo anche sulla testata online www.reportonline.it [link]

In Italia gli studenti fuori sede, ovvero coloro i quali hanno scelto di studiare in atenei distanti dal loro luogo di residenza sono un esercito di circa 250.000 persone. Per la maggior parte provengono dalle regioni del sud Italia e si sono spostati in atenei del nord per iniziare o perfezionare i loro studi.

Recentemente alcuni quotidiani nazionali tra cui Repubblica ma anche Leggo, edizione di Padova hanno riportato la notizia di una petizione, lanciata nel 2008 da un gruppo di studenti distanti dal loro luogo di residenza che attraverso la sensibilizzazione online tentano di portare al centro dell'agenda politica il tema del diritto di voto degli universitari fuori sede.

La nostra Costituzione all'art.3 stabilisce che "[…] è compito della Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che , limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscano […] l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica,economica e sociale del Paese".

In effetti per molti studenti universitari (che, ad esempio in tema di sicurezza, sono equiparati ai lavoratori dall'art. 4 del dlgs 81/2008) l'eccessiva distanza dal luogo di residenza limita "di fatto" l'esercizio del diritto di voto. Gli impedimenti legati agli impegni universitari, lo stress di sobbarcarsi lunghi viaggi per fermarsi a casa solo pochi giorni scoraggiano anche quelli che, in situazioni "normali", si recherebbero sicuramente a votare.

Tutto questo senza considerare che il rimborso solo parziale del costo dei biglietti previsto dal T.U. delle leggi elettorali e applicato dalle compagnie di trasporti, tra cui Trenitalia è meno fruibile proprio per chi abita più lontano: questo perché esso è previsto interamente solo per i treni Espressi e Regionali, mentre chi deve fare lunghe percorrenze ed è quindi costretto a scegliere servizi accessori (AV Fast, Alta Velocità, ES Fast, Eurostar City, Eurostar, IC Plus, Intercity, IC notte, servizio cuccetta o vagone letto) deve pagare la differenza tra la tariffa ordinaria e quella del treno di categoria superiore.

Inoltre, come riportato da Repubblica di oggi, sembra che le ferrovie quest’anno abbiano difficoltà a garantire i posti con lo sconto prima dell’ 8 giugno, non in tempo quindi per tornare a votare...

Insomma, difficoltà su difficoltà.

Questa grave mancanza risulta ancora più incomprensibile, se si considera il fatto che il diritto di voto è garantito finanche ai residenti all'estero ed ha assunto dal 2001 rango costituzionale. Infatti con la legge costituzionale 459 si è colmato il vuoto normativo, che impediva a tanti italiani di esprimere il proprio voto al di fuori dei confini nazionali.

Allo stato attuale il voto per i non residenti è permesso solo ai membri del seggio, agli appartenenti alle Forza pubblica, ai militari, ai vigili del fuoco, alle persone non deambulanti, alle persone munite di una sentenza o di attestazione del Sindaco, ai marittimi e aviatori fuori residenza. I rappresentanti di lista possono votare nel seggio in cui svolgono il loro mandato purché siano elettori della circoscrizione. Tra i più penalizzati da questa situazione si possono indubbiamente citare gli studenti fuori sede residenti nelle regioni Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna che devono fare viaggi lunghi in media più di 10 ore, senza contare gli innumerevoli e noti disservizi delle loro ferrovie più volte denunciati
anche da esponenti istituzionali regionali, tra cui l'assessore al bilancio e trasporti della regione Calabria Demetrio Naccari Carlizzi.

Abbiamo fatto delle brevi interviste ad alcune studentesse fuori sede , iscritte a vari corsi di laurea dell’ università degli studi di Padova per capire cosa pensano di questa situazione. Secondo i dati forniti dall'ateneo, consultabili on line nel solo a.a. 2007/2008 Padova ha attratto 60.462 studenti. Tra gli iscritti a tutti i corsi di laurea, ben 9.609 (il 15,9 %) provengono da fuori regione. Tra di loro 2525 (il 4,2%) sono residenti nel Sud Italia o nelle isole.

Melania Tria, 21 anni, studentessa pugliese di lettere e filosofia originaria di Putignano (BA) dice: "Penso che la petizione colga un problema reale: in effetti, tra i tanti amici fuori sede come me non ne ho sentito neanche uno che dica di voler tornare a casa per votare. Non credo che si tratti di semplice disaffezione dei giovani verso la politica. Secondo me quello che non convince è più che altro il peso di un lungo viaggio e la paura di perdere troppi giorni a poco tempo dagli esami. Il problema a mio giudizio si potrebbe risolvere permettendo anche agli studenti fuori sede il voto per corrispondenza, così come previsti per i cittadini residenti all'estero".

Gonaria Fadda, 25 anni, studentessa sarda del DAMS, originaria di Orani (NU) aggiunge: "anche io ho sempre vissuto come un limite il fatto di affrontare tutte queste difficoltà per tornare a votare. Tra l'altro secondo me per noi sardi la situazione è ancora peggiore: in effetti nessuna compagnia prevede rimborsi per i viaggi in aereo, per cui siamo costretti a prendere un treno per Civitavecchia, Livorno o Genova. Con la compagnia Tirrenia otteniamo il rimborso del 60% per un “passaggio ponte” , ma la riduzione del 60% sulla tariffa ordinaria non è utilizzabile on line. Per i sardi residenti all’estero (ma che non siano studenti!) invece la regione concede agevolazioni per ammortizzare il costo di viaggio: perché per noi non si fa nulla? credo che questa situazione potrebbe essere risolta attraverso l'iscrizione nelle liste elettorali del comune sede dell'università dei nominativi degli studenti che ne facessero richiesta".

Maria Cristina Morici, 22 anni, studentessa siciliana di scienze del turismo originaria di Erice (TP) rincara la dose, aggiungendo: ”in primo luogo, oltre a dovermi sobbarcare un lunghissimo viaggio da Padova a Villa San Giovanni (circa 14 ore), che non mi viene rimborsato interamente e per il quale devo pagare servizi accessori come la cuccetta, quando arrivo in Sicilia impiego circa 4 ore per giungere fino a Palermo, perché come forse saprete, da noi non ci sono treni eurostar, men che meno l’alta velocità. Senza contare che dopo impiego un'altra ora fino a Trapani..se vado in macchina! perché se prendo il treno allora, come potete facilmente constatare sul sito di Trenitalia, i tempi di percorrenza sono superiori alle due ore! Al di là del costo e degli eventuali rimborsi, pensate quanta voglia mi rimane di tornare a votare!

In effetti nell’ultimo periodo qualcosa si è finalmente mosso e su iniziativa del primo firmatario Stefano Ceccanti del Partito Democratico e, tra gli altri di Giuseppe Lumia è stata presentata il 12 maggio una proposta di legge intitolata disposizioni per l'esercizio del diritto di voto degli studenti universitari alle elezioni politiche e per il Parlamento europeo che però non è ancora stata discussa.

Ci auguriamo che il progetto possa essere concretizzato al più presto, ponendo fine a questa grave discriminazione che rende difficoltoso l'esercizio del diritto democratico per eccellenza alla futura classe dirigente del nostro Paese.

Intanto chi fosse interessato può continuare a firmare la petizione o iscriversi al gruppo di facebook nato per iniziativa dei promotori che conta ad oggi ben 2156 membri.

venerdì 17 aprile 2009

Voucher della Regione Calabria: assunzioni camuffate da stage?

In regione Calabria gli scandali legati ad assunzioni clientelari di parenti, parenti dei parenti e parenti di parenti di parenti, di gente che non aveva i requisiti previsti dalla legge (compreso un ex assessore regionale poi dimessosi) ed infine, di bandi tagliati sui raccomandati dai politici sono praticamente all’ordine del giorno.

Non stupisce che il presidente del consiglio regionale Bova sia costretto a rassicurare i partecipanti alla prossima maxi selezione regionale.

Purtroppo a quanto emergerebbe dalla denuncia del giuslavorista Pietro Ichino, che ha recentemente presentato un’interrogazione parlamentare sul caso, il solito malcostume nostrano continua ad essere perpetrato in altra forma, spacciando prestazioni lavorative a tempo determinato non meglio inquadrate nella vigente disciplina dei contratti di lavoro, per stage formativi.

Ichino viene ovviamente smentito dai vertici regionali, ma le sue argomentazioni sembrano meritare grande attenzione.

Con legge regionale n°8 del 2008, il consiglio regionale della Calabria (proponente Roberto Occhiuto, in quota UDC) ha in effetti avviato un piano di formazione professionale definito “programma stages”. Secondo quanto previsto dal bando approvato con delibera 21 novembre 2007 n. 103, 250 laureati presso le università calabresi con 110/110, di età non superiore a 37 anni, residenti in Calabria da almeno tre anni o disposti a tornarci, potranno prestare attività lavorativa per due anni presso vari uffici della regione, ricevendo un compenso di 1000 euro mensili.

«Offriamo un’opportunità ai giovani, sosteniamo il sistema universitario e ci sforziamo di migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione» ha affermato il presidente del consiglio regionale, Giuseppe Bova.

Finanziato con 6 milioni di euro l’anno, di cui metà sono contributi del fondo sociale europeo, è stato considerato un successo, tanto da essere stato ulteriormente rafforzato.

Secondo il giuslavorista Ichino, questa attività non può affatto configurarsi come un’attività di stage, e ciò può agevolmente essere confermato da una lettura della normativa che regola tirocini formativi e tirocini di orientamento al lavoro, nonché delle norme europee che regolano l’utilizzo dei finanziamenti del FSE.

Gli stage formativi sono degli strumenti introdotti per la prima volta nel nostro ordinamento dalla legge 24 giugno 1997 n 196, recante “norme in materia di promozione dell’occupazione”, poi attuata tramite il regolamento 25 marzo 1998 n 142. Il loro scopo, secondo quanto disposto all’art.18, è quello di “realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l'obbligo scolastico”.

I tirocini formativi si intendono come delle esperienze da maturare durante il corso di studio, mentre i tirocini di orientamento al lavoro sono riservati a soggetti già laureati. Possono farsi promotori dei progetti le istituzioni, sia pubbliche che private, che a vario titolo si occupano di formazione professionale, tassativamente elencate all’ art.2 della legge, tra sono anche ricompresi “centri pubblici o a partecipazione pubblica di formazione professionale c/o orientamento nonché centri operanti in regime di convenzione con la regione o la provincia competente”.I tirocini hanno una durata massima, prevista dalla legge. Questi non possono mai superare, se non per soggetti portatori di handicap, i 12 mesi.

Per ciò che riguarda le norme comunitarie, la Commissione Europea, nelle Disposizioni generali FESR - FSE - Fondo di coesione (2007 - 2013) e in linea con il metodo della c.d. strategia europea per l’occupazione, propone tra le priorità di destinazione dei fondi erogati dal FSE la creazione di nuovi posti di lavoro effettivi.

I “tirocini” in Regione, invece, hanno una durata prevista di 2 anni ed, almeno per ora, non sembrano preludere alla creazione di nuovi posti di lavoro effettivi.

Ma allora… cosa sono?

E’ proprio su questo tema che si incentra l’interessante carteggio Ichino-Bova-Loiero, consultabile assieme al testo dell’interrogazione parlamentare presentata dal professore, nonché l’intervista che il giuslavorista ha rilasciato sul sito “La Repubblica degli Stagisti” ad Eleonora Voltolina e che ancora non ha trovato risposta a livello ministeriale.

Ancora più grave è che, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, fra i vincitori del “voucher” ci sono odontoiatri, archeologi, ingegneri, professori. Giusi Fasano scrive: “ qualcuno ha famiglia, ha già un lavoro e annuncia di volerselo tenere, anche se ha passato il bando”.

L ’opinione di Ichino non è isolata: anche altri esperti di diritto del lavoro, intervistati da Eleonora Voltolina ritengono che gli stages della regione Calabria assomiglino più che altro a contratti di lavoro subordinanto.

In particolare Michel Martone, docente di diritto del lavoro presso l’università di Teramo e la LUISS di Roma non usa mezzi termini, affermando che lo Stato dovrebbe creare buona occupazione per i migliori, invece che limitarsi a offrire lavori con data di scadenza – in questo caso, per giunta, camuffandoli da stage per poter risparmiare su tutti gli oneri indiretti.

Bisognerebbe domandare al Presidente della Regione Calabria Agazio Loiero e ad al presidente del Consiglio Regionale, onorevole Bova , se sono queste le loro proposte per incentivare l’occupazione dei giovani calabresi.

martedì 7 aprile 2009

Reggio Calabria, uomo morto che cammina

Il terremoto in Abruzzo non è stato un evento eccezionale. Intanto le normative classificano sin dal 1935 la zona dell'Aquila come sismica. Inoltre, ecco la cosa davvero spaventosa, questo non è stato un evento particolarmente forte.

Purtroppo però l'80% delle abitazioni vicine al sisma sono crollate o sono gravemente danneggiate. Ma come è possibile tutto questo?

Evidentemente il problema, come stanno dicendo tutti, è stato il mancato rispetto delle normative antisismiche, l'utilizzo di materiali scadenti, gli ampliamenti di preesistenti edifici mal progettati.

Si inpone quindi, al di là del cordoglio per tutte le persone morte per un disastro annunciato (tanto per cambiare) fare giusto quattro riflessioni su l'unica zona d'Italia nella quale il 100% dei comuni sono a rischio sismico, e cioè la Calabria. Infatti oggi piangiamo i circa 200 morti dell'Aquila e provincia, ma si tenga conto che, se oggi un terremoto colpisse le città di Reggio Calabria (e Messina sulla costa siciliana), purtroppo la rovina SAREBBE DI MOLTO PEGGIORE (non dimentichiamo che nel 1908 morirono, secondo le stime più ottimistiche, 80.000 persone).

Posso dire che sto ANNUNCIANDO LA TRAGEDIA, perchè allo stato attuale Reggio Calabria e Messina sono DEI GRANDI POTENZIALI CIMITERI (potrei scrivere qualche terzina profetica, magari.)

Infatti la maggior parte delle case sulle rive dello stretto non sono a norma. Ed i terremoti nell'area dello stretto sono decisamente più potenti di quelli che possono colpire il centro Italia.

Inoltre non bisognerebbe sottovalutare il problema della scarsità dei collegamenti tra Reggio Calabria ed il resto dell'Italia. Almeno a Messina hanno il porto. Ma se oggi un terremoto colpisse Reggio, si può dire SICURAMENTE che saremmo TUTTI spacciati.

L'autostrada è combinata "a tre tubi". I collegamenti ferroviari fanno pietà e misericordia. Senza considerare che la città di Reggio si trova in una specie di "imbuto": da una parte la A3, già bloccata da cantieri di ogni tipo e con code in condizioni normali, con la carreggiata larga 2 m. Quanto alla ss 106, forse è meglio non menzionarla affatto, sarebbe sicuramente impraticabile, dato che attraversa tutti i paesi della fascia ionica, ed è anch' essa costantemente intasata nelle ore di punta.

Pensiamo a due realtà opposte geograficamente, Scilla e Pellaro, più o meno equidistanti da Reggio ed accomunate dall'invidiabile primato di essersi beccate nel 1908 una bella onda di tsunami alta circa 12 m. Scilla oggi è difficilmente raggiungibile, l'uscita sull autostrada è chiusa, si raggiunge solo da Bagnara o dalla provinciale, che si trova tra l'altro sul mare. Che fine farebbero gli scilloti?

Che dire invece di Pellaro? anche qui, onda di 12m ed un abusivismo edilizio di proporzioni vergognose. Rasa al suolo dopo il 1908 DAL MARE che fine farebbe oggi? e poi, come raggiungerla, considerato che la ss 106 è una vergogna adesso, figuriamoci se sarebbe agibile dopo un terremoto...

Quanto a Reggio città..preso che atto che non sarebbe raggiungibile da nord, ovvero dalla A3, e non sarebbe raggiungibile dalla fascia ionica, ovvero dalla ss 106, da dove dovrebbero giungere i soccorsi? tutte le altre vie di comunicazione attraversano l'Aspromonte ed hanno già oggi tempi di percorrenza lunghissimi, quindi non sono menzionabili. Cosa rimane? ancora una volta, l'unica via sarebbe il mare..sperando che anche questa volta vi sia qualche flotta russa di passaggio...

..ma magari intanto ci sarà impiedi qualche bel ponte sotto il quale fare i sopravvissuti-barboni..

* Vi lascio il link al video di SuperQuark sul terribile terremoto del 1908, dove si sottolinea anche che oggi l'85% delle costruzioni italiane non sono antisismiche.

http://tr.truveo.com/Terremoto-di-Messina/id/348361666